Al Cinema Lumière la
proiezione del film anima il dialogo tra docenti e studenti
Per il Liceo Classico “V.
Alfieri” di Asti la ripresa delle lezioni dopo le vacanze natalizie, come nel
2024, è stata all’insegna del cinema e dell’inclusione: allora fu scelto Io
capitano (Italia, 2023), sulle drammatiche condizioni dei migranti
dall’Africa, mentre l’8 gennaio scorso, presso il Cinema Lumière, è stato
proiettato Il ragazzo dai pantaloni rosa (Italia, 2024), ispirato alla
vicenda del quindicenne Andrea Spezzacatena, che nel 2012 si tolse la vita per gli insostenibili atti di
bullismo e cyberbullismo omofobo cui fu sottoposto, a scuola, da parte di
alcuni suoi compagni. Ad assistere alla proiezione docenti, allievi e allieve
di tutte le classi del Liceo.
A un’ora e cinquanta minuti di
fotogrammi struggenti, in cui la voce fuoricampo del protagonista, post
mortem, racconta la propria tragica esperienza di fragile adolescente
bullizzato, sì anche fisicamente, ma soprattutto psicologicamente, a causa
degli hate speech postati da codardi e crudeli “leoni da tastiera” sul
suo profilo Facebook, è seguito un dibattito di quasi due ore, nel corso
del quale studenti e studentesse si sono confrontati sulle più importanti
tematiche che il film solleva: bullismo, cyberbullismo, le criticità
dell’adolescenza, il rapporto con la famiglia, i coetanei, la scuola e la
società in genere.
Nelle loro riflessioni, spesso
vere e proprie confessioni di esperienze personali, il monito perché la scuola,
come istituzione, non sia semplicemente un luogo, pur legittimo, di sapere, ma
diventi anche uno spazio di crescita, individuale e collettiva, in cui il
rispetto, il dialogo, il confronto e l’empatia siano gli ingredienti con cui
contribuire al benessere e alla costruzione di una società più inclusiva e meno
indifferente.
In particolare, tra tanti, due
sono stati gli inviti più insistenti. Il primo è che la scuola formi all’esame
di coscienza individuale, in modo da evitare che l’etichetta di bullo sia
sempre applicata agli altri, quando invece ognuno di noi, anche involontariamente,
con una semplice parola può aprire ferite insanabili nell’altro. Il secondo che
chi è vittima di bullismo non si chiuda in se stesso o in se stessa, ma trovi
la forza per rompere la barriera del silenzio, aprendosi ai compagni e alle
compagne di classe, al corpo docente, ad amici e amiche e alla famiglia, nella
consapevolezza che sia sempre indispensabile un sostegno da parte degli altri,
anche di tipo psicologico, che è doveroso, per le istituzioni scolastiche,
garantire.
In una sala cinematografica
trasformata in una sorta di circle time anche i docenti e le docenti
hanno preso la parola, in particolare sottolineando il compito formativo che la
scuola deve avere e invitando studenti e studentesse a non cadere nel tranello,
tipicamente adolescenziale, di vedere nelle famiglie il “nemico”: non c’è
difficoltà, neppure la più insormontabile, che non possa essere condivisa in
modo da non finire in una spirale di solitudine che spesso può portare anche a
gesti estremi.
Se manzonianamente si volesse
trarre il “sugo della storia” da questa iniziativa, la scuola, da un lato, in
collaborazione con le famiglie e le altre istituzioni, non può esimersi dalla
propria responsabilità formativa, unico strumento per una vera rivoluzione
copernicana nella lotta al bullismo e al cyberbullismo, e le nuove generazioni,
dall’altro, devono essere ascoltate e coinvolte nei processi formativi per
un’educazione realmente integrale.
Un grazie, quindi, ai nostri
studenti e alle nostre studentesse per la lezione che con le loro testimonianze
ci hanno impartito, proprio come Teresa Manes, la mamma di Andrea, che dal 2012
si è data la missione di trasformare la sua tragedia in tanti semi di speranza
per gli adolescenti.
a cura del prof. Carlo Bavastro