“Homo sum”: un dibattito sui diritti umani nel mondo classico e moderno al
Liceo Classico “V. Alfieri”
“Homo sum”: un dibattito sui diritti umani nel mondo classico e moderno al
Liceo Classico “V. Alfieri”
Guido suonava il violino:
una toccante ricostruzione teatrale
A quasi due anni precisi dall’infelice interruzione del
progetto “Teatro scuola, Piemonte dal vivo”, avvenuto il giorno di San
Valentino del 2020 in seguito alla rigidità delle norme anti-Covid, è stata
messa in scena la prima rappresentazione teatrale affiliata a questa
iniziativa, con la partecipazione di una componente artistica d’eccezione.
Questo evento, come sottolineato dal sindaco Maurizio Rasero e successivamente
ripreso dalla regista Patrizia Camatel, non solo ha rappresentato un punto di
incontro tra le scuole e il teatro Alfieri, che mancava ormai da molto tempo,
ma ha anche lanciato un chiaro messaggio di ripartenza ad ogni manifestazione
artistica nell’astigiano. A partecipare alla rappresentazione teatrale sono
state diverse classi provenienti dagli Istituti superiori di Asti, tra cui le
classi 2A, 3C e 4C del nostro liceo, le quali hanno contribuito a restituire al
teatro il fascino e la magica atmosfera che si erano andati lentamente a
scemare in tempo di pandemia.
Lo spettacolo,
intitolato Guido suonava il violino, è una ricostruzione immaginifica
della storia di una famiglia astigiana, vissuta ai tempi della Shoah, di cui si
sono perse le tracce dopo la deportazione. Le sequenze narrative che si
succedono durante la rappresentazione ruotano attorno ad un violino, oggetto a
cui Guido Foà, bambino di questa famiglia ebrea, tiene molto. Questo strumento
musicale, tuttavia, sembra essere animato: stride, geme e arriva all’improvviso
nella vita di una giovane ricercatrice, supplicandola di ricordare e narrare la
storia del suo vecchio proprietario. La storia prosegue poi con un alternarsi
di flashback, presentati al pubblico attraverso veri e propri sogni della
protagonista e sue riflessioni interiori, riuscendo perfettamente a creare un
clima malinconico ed empatico. Nonostante la vicenda sia costellata da più di
una decina di personaggi, ognuno con pregi, difetti e una caratterizzazione
notevole che li distingue a livello umano l’uno dall’altro, la magistrale Elena
Formantici, unica attrice presente sul palco, è riuscita ad interpretarli
tutti, creando una sorta di monologo teatrale, ricco di sentimenti e angosce.
Tra i vari personaggi che sono stati presentati troviamo
innanzitutto la protagonista, una ricercatrice dal carattere forte che vede la
sua quotidianità sconvolta dall’arrivo di un oggetto misterioso a cui si sente
legata, sebbene non sappia neanche come si tenga in mano lo strumento. In
contrapposizione con la personalità della donna viene introdotta, attraverso ricordi
del passato, il vero personaggio principale della vicenda, a cui è anche
dedicato il romanzo a cui si ispira lo spettacolo, ovvero Guido, un bambino
ebreo croato di otto anni, italianizzato durante la guerra a causa delle dure
condizioni imposte dai fascisti agli abitanti della Dalmazia. Questa giovane
creatura non sa cosa sia la guerra, non sa cosa si provi a portare il fardello
di essere nato in una famiglia semita, poiché a lui interessa solo giocare
spensierato con i suoi amici, cercando di inseguire il fantasma di un’infanzia
che gli scivola dalle mani. La sua ingenuità, tuttavia, è ciò che gli permette,
anche mentre viene trasportato in Polonia su un carro bestiame, di ricordare i
momenti legati alle sue lezioni di violino col nonno Camillo, tenendolo allegro
e proteggendolo dalla dura realtà che lo aspetta una volta sceso dal treno. Le
figure più struggenti e sofferenti che compaiono sono, tuttavia, i genitori del
piccolo Guido, Italo Foà ed Estella Luzzati, i quali, nonostante possiedano
caratteri e personalità profondamente dissimili, sono attraversati dagli stessi
dubbi e domande, ma soprattutto da un grande senso di sconforto, poiché si
domandano per quale motivo vengano puniti, se la loro unica ‘colpa’ è quella di
essere ebrei. Queste due persone emanano un comune senso di inquietudine e ci
invitano a provare pietà per la loro condizione, ma in due modi diversi: la
paura del padre si trasforma in rabbia e autocommiserazione, mentre quella
della madre diventa rapidamente rassegnazione.
Dopo la rappresentazione, della durata di un’ora e mezza,
l’attrice e la regista hanno lasciato mezz’ora di tempo agli alunni per porre
eventuali domande riguardo al lavoro svolto, alla professione dell’attore e per
esprimere i sentimenti che ognuno ha provato durante la messa in scena dello
spettacolo.
A cura di Lorenzo Merlone, classe III C
Tornano le prove scritte all'Esame di stato
Il giorno lunedì 31 gennaio 2022, il ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, si è espresso sulle modalità che interesseranno lo svolgersi sia della Maturità che dell’esame di terza media. Da studentessa del quinto anno che, nel 2022, dovrà sostenere sia l’Esame di Stato, sia prendere importanti decisioni riguardo al suo futuro percorso universitario, ho vissuto, fino a lunedì, nella tranquillità che mi era stata consentita dalle dinamiche su cui, fino a quel momento, si era pronunciato il ministro: uno scritto di Italiano e un orale in cui avrei dovuto presentare o un elaborato o una tesina interdisciplinare. Non mi sono, tuttavia, stupita più di tanto nel ricevere la notizia secondo la quale, seppur non siano ancora state presentate ordinanze definitive, sarà reintrodotta la seconda prova. Questo, forse, è dovuto al fatto che nel mio singolo caso, la Dad ha rappresentato sì una didattica a singhiozzi, ma allo stesso tempo mi ha consentito di approfondire tematiche ed interessi che fino poco tempo prima avevo a dir poco trascurato; forse, perché nella mentalità di alcuni alunni e professori la Maturità ha una valenza puramente formale, quasi come se rappresentasse il raggiungimento di una soddisfazione personale nel veder concluso nel migliore dei modi un percorso così tortuoso e faticoso. Tuttavia io non sono un caso singolo, in qualche modo, in questo contesto, credo di rappresentare la comunità studentesca e, pertanto, mi domando: tutti affrontano questo momento come lo sto affrontando io? Tutti riusciranno a sopportare il grande stress che dominerà questi ultimi mesi di un momento della nostra vita che vorremmo ricordare come “sereno”? Con questo non voglio apparire come menefreghista e tanto meno più forte emotivamente rispetto agli altri studenti, ma desidero evidenziare come la Dad non abbia solo compromesso la nostra preparazione scolastica e la nostra formazione, ma abbia anche notevolmente nociuto alla nostra interazione sociale. Ha condotto molti alunni alla scelta dell’abbandono scolastico. Ha fatto passare in secondo piano la salute mentale di chi, fino a quel momento, non aveva avuto modo di interfacciarsi con se stesso. Credo che in questo momento sarei anche io nella medesima condizione di sentirmi esausta di ritrovarmi solamente con me stessa e con il mio computer… quanto prima ho affermato è più una questione di voler proseguire un modus vivendi che ho appreso proprio nel momento di emergenza: affrontare tutto un passo dopo l’altro. Probabilmente, la decisione a cui è giunto il ministero dell’istruzione non muterà: al momento ci sono più punti interrogativi che certezze, più angoscia che felicità di proseguire verso il termine di questo ciclo di studi, più desiderio di far sentire la propria voce e di richiamare alla collaborazione la comunità studentesca italiana piuttosto che ridursi alla semplice accettazione che io stessa, ora, considererei come atto di egoismo.
a cura di Camilla Camusso, V C
Conferenza di Alberto Cavaglion del 26 gennaio 2022