“Homo sum”: un dibattito sui diritti umani nel mondo classico e moderno al
Liceo Classico “V. Alfieri”
Il 16 Febbraio alcune classi del Liceo Classico “V. Alfieri” di Asti hanno aderito alla videoconferenza “Homo sum” tenuta dal filologo e accademico Maurizio Bettini, saggista e fondatore del Centro Antropologia del Mondo Antico dell’Università di Siena, che ha presentato il suo recente libro sull’argomento dei diritti e sul concetto di “umanità” e solidarietà nel mondo classico.
La conferenza fa parte di un vasto palinsesto di iniziative di approfondimento su percorsi di discriminazione, razzismo ed eventi storici e culturali legati ad aspetti della società e cultura classica e contemporanea.
Guidati dalle parole dello studioso, abbiamo avuto modo di riflettere sulle tematiche del razzismo e della schiavitù presso le civiltà classiche, greca e latina.
E’ stato interessante, infatti, scoprire come già i romani praticassero la schiavitù considerandola una usanza naturale. Il professore ha spiegato come tale consuetudine sia nata da un fenomeno sociale; gli schiavi nell’antichità erano principalmente i prigionieri di guerra, quindi gli stranieri.
Anche i greci, inoltre, hanno trattato spesso l’argomento: il filosofo Aristotele riteneva che alcuni uomini nascessero per essere liberi, altri per essere schiavi; come le persone avevano il dominio sugli animali, gli uomini sulle donne, così doveva essere anche per alcune categorie di persone verso altre. Il professore ha poi analizzato le caratteristiche della schiavitù moderna, che a differenza di quella praticata dai popoli antichi, è basata spesso sul colore della pelle o sulle diverse origini delle persone, ovvero è portata da una disumanizzazione delle razze, come avvenne durante il commercio degli schiavi africani o il genocidio degli ebrei nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
I romani ritenevano che fosse la volontà divina a scegliere chi salvare e chi invece far cadere prigioniero durante le guerre; diventare schiavo era perciò una punizione data dal cielo per atti negativi compiuti e per uno scorretto comportamento religioso: neppure l’avvento del Cristianesimo ha interrotto questa “comoda” giustificazione delle discriminazioni e della schiavitù.
Lo straniero, nel mondo antico, però, non era sempre considerato negativamente e trattato con ostilità. Per esempio, chi arrivava da terre lontane non per ragioni di guerra non era percepito come nemico - “hostis” - ma come un forestiero - “peregrinus” - e questo permetteva di essere trattati con ospitalità. I romani e i greci, infatti, sentivano forte il dovere di aiuto verso gli stranieri in viaggio; l’ospitalità verso il prossimo era un atto sacro agli
dei.
La riflessione è giunta poi a considerare quanto sia invece facile oggi abbandonare o ignorare le richieste di aiuto di profughi, fastidiosamente respinte come se non ci riguardassero, come se aiutare il prossimo togliesse qualcosa a noi.
Allora il prof. Bettini ci ha guidati a una riflessione accurata su quanto accadeva nel mondo antico, illuminando la sua spiegazione con una famosa frase di una commedia di Terenzio, “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”, che un personaggio dice a un suo vicino di casa al quale chiede i motivi della sua sofferenza. Per giustificare la sua intrusione, che può sembrare curiosità, dichiara appunto: “Sono un uomo: nulla di ciò che accade a un altro uomo mi è estraneo”.
Proprio così abbiamo capito che a volte la curiosità, che ci porta ad aprirci agli altri, è invece la base di una sana solidarietà, perché come dice Terenzio e come dirà dopo di lui il filosofo Seneca, siamo uomini prima che cittadini di questo o quel paese, fatti come un arco di pietre che si sorreggono a vicenda, e portati dalla natura stessa alla solidarietà.
Il professore ha citato una storia, accaduta nel 2018 e raccontata anche in un articolo su “Repubblica”: in un pullman che viaggiava in Irpinia, sale un giovane rifugiato del Gambia, Omar, e le vecchiette locali gli chiedono come si chiama e dove sta andando, e dopo aver ascoltato la sua storia gli parlano dei loro mariti emigrati. Come ci spiega il professore, le vecchiette, incontrando il diverso, lo straniero, “non si sono voltate dall’altra parte, non sono scese dal pullman”, anzi hanno “ficcanasato” nella sua vita e hanno raccontato a lui la propria, in nome del principio dell’ “Homo sum” di cui parlano i latini. Certo nel mondo antico non sono mancate posizioni di maggior chiusura: se Virgilio nell’Eneide ci descrive i Troiani soccorsi generosamente da Didone, che li aiuta ospitandoli dopo un naufragio sulle coste della Libia perché lei stessa è profuga e conosce il dolore e quindi la pietà, invece il famoso Cicerone sembra essere più restio ad aiutare indiscriminatamente tutti, quando afferma che le risorse possono essere limitate, e allora è meglio aiutare “solo il vicino”, colui che appartiene alla nostra stessa razza o alla nostra stessa città. E questo, come il professore ci ha insegnato, può essere molto simile a chi limita gli aiuti agli Italiani, facendo diventare la frase uno slogan politico molto familiare alle nostre orecchie: “Prima gli italiani”.
A questi argomenti ha fatto seguito una discussione col professore, il quale ha dissolto dubbi e soddisfatto le curiosità degli studenti con chiarezza e competenza, spiegando la differenza tra lo schiavismo greco e quello romano: i Greci avevano un maggior disprezzo culturale verso gli stranieri, definiti “barbari” e considerati estranei alla loro cultura, mentre i Romani sono sempre stati più pronti ad integrare nella propria città i popoli conquistati, allargando la cittadinanza ad un numero sempre crescente di popolazioni a cui venivano estese leggi, lingua e cultura romana. Ma nel sistema politico romano la schiavitù era anche una istituzione ampiamente diffusa, e tutta l’economia romana aveva bisogno di un numero sempre maggiore di schiavi da utilizzare.
Nella discussione abbiamo capito che nessun paese organizza una democrazia perfetta, e in fondo la Roma che ha ampliato l’idea di cittadinanza a tutti i popoli conquistati ha anche fondato l’istituzione dello schiavismo: nel mondo moderno anche i paesi che si presentano come “la terra della libertà” e della fusione dei popoli, come gli Stati Uniti d’America, hanno avuto per molto tempo un sistema schiavistico e ancora oggi la storia dei neri d’America è una storia di disuguaglianze e di lotte, e la vera integrazione in nome della parità di diritti è ancora nella realtà faticosa da raggiungere.
Grazie a questa conferenza e alle parole del professor Bettini, noi studenti abbiamo capito come si possano imparare importanti insegnamenti dalla storia, sia dalle culture dei grandi popoli antichi sia dagli errori del passato, che ci può guidare nella interpretazione della nostra realtà contemporanea.
Giulia Boracco, classe 4A, e Gianmario Grasso, 3B
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