lunedì 14 febbraio 2022

MNEME E DIKE: RIFLESSIONI SUL GIORNO DEL RICORDO E LA GIORNATA DELLA MEMORIA

 



27 Gennaio, Giornata della Memoria, dedicato a commemorare le vittime dell’Olocausto; 10 febbraio, giorno del Ricordo, dedicato alle vittime delle foibe, episodio della recente storia italiana.
Le iniziative nelle scuole si moltiplicano e si rinnovano ogni anno: il 26 Gennaio le classi del triennio dell’Istituto “V. Alfieri”, in occasione della Giornata della Memoria, hanno seguito due conferenze online con Bruno Maida ed Alberto Cavaglion,

mentre l’11 febbraio si è svolta la conferenza di Eric Gobetti, ricercatore dell’Istituto per la Storia della Resistenza di Torino e autore del volume “E allora le foibe?” edito da Laterza


Ma perché il nostro tempo ha bisogno di sottolineare e istituire le giornate dedicate alla Memoria di questi fatti recenti, in modo che Tempo e Storia non vadano dispersi e anzi si conservino nella mente delle generazioni? Vorremmo tentare una riflessione più ampia, partendo dal ruolo che ha la Memoria nella cultura classica.

Dike e Mneme, Giustizia e Ricordo, sono nel mito greco figlie di Zeus.
Non sono dunque esistite sempre sulla terra, ma esistite a partire dal suo regno che sostituisce le precedenti stirpe divine, più simili a potenze primigenie ed elementari.

Il senso della giustizia nella civiltà classica, come per altro nel mondo biblico, è strettamente connesso al legame tra i padri e i figli, a volte come una condanna che travalica la volontà e individualità del singolo, costretto a portarsi dietro come un fardello le colpe e i delitti dei padri o degli antenati. Non un DNA biologico, come siamo abituati a riconoscere e descrivere, ma piuttosto un DNA morale: la memoria delle generazioni precedenti si trasmette in un destino che passa ai discendenti.
Le colpe dei padri ricadono sui figli, e questa realtà, che a noi può sembrare ingiusta e immeritata, è il fondamento di tanti miti dinastici, da quello degli Atridi a quello di Edipo a tanti altri che intrecciano destino ed eredità familiare.
Nessuno è isolato nella catena di trasmissione delle generazioni e prima o poi bisogna affrontare memoria di antiche colpe o delitti, espiazione e ritorno all'origine.

Ma questa che può sembrare una limitazione all'individuo, mai perfettamente libero di iniziare "da capo" una storia personale che lo renda vergine e innocente, sempre connesso invece a fatti sprofondati nella notte dei tempi che sono tuttavia un marchio che le generazioni si passano silenziosamente e senza interruzione, è al tempo stesso garanzia di Memoria.
Il passato, no, non si dimentica, non si può dimenticare, ce lo portiamo dietro, anzi dentro.

Questo, attraverso il mito, è il messaggio che la classicità ci trasmette.
Come ci insegnano gli autori greci, Bene e Male sono così strettamente connessi che non si possono distinguere: l'uno sembra l'altro e porta il suo opposto sul rovescio della propria natura, tanto che ogni gesto, ogni parola può essere duplice, può avere due aspetti, se niente è solo come sembra. Il mondo umano è lotta, divergenza, distruzione, e questi elementi sono il segno dell'epoca forsennata in cui ci è toccato vivere, e in cui nessuno di noi vorrebbe vivere, l'età del ferro che ha azzerato pietà, rispetto, pace.

Nessuna generazione è innocente nella carneficina che oppone fratello a fratello, come accade ai figli di Edipo, Eteocle e Polinice, di cui il mito azzera e parifica colpa e innocenza nella comune morte reciproca. Siamo sempre nell'età del ferro, dove pietà, giustizia e anche rispetto delle generazioni si sono allontanate dai comportamenti umani.
Così dobbiamo riconoscere che quel Caos che, come dice Esiodo è all'origine del mondo, la prima cosa esistente, quell'abisso spalancato nel vuoto, è ancora più vicino di quanto crediamo.
Il nostro tempo perciò ha bisogno di recuperare Mneme: essa infatti non può essere esclusa dalle nostre vite, dovrebbe anzi essere il nostro continuo punto di riferimento: guai a chi allontanasse Mneme dal proprio spirito, sarebbe come amputare una parte del proprio corpo, come ridursi ad una statua senza mente e senza radici, come il gigante Talos, uomo solo in apparenza, a cui basta togliere un chiodo/bullone perché tutto il suo io frani, rivelando l'inconsistenza della sua figura.
Se noi abbiamo recuperato l'indipendenza dalla trasmissione ereditaria dalla colpa, espressa dal nostro continuo riferimento alla libertà individuale che ci rende responsabili solo delle nostre azioni, abbiamo tuttavia resettato con troppa facilità la connessione alla Memoria del passato, vivendo in un presente fatto di istanti assoluti e troppo spesso voltando le spalle a quello che siamo stati appena ieri.

Ecco il senso profondo della celebrazione annuale del "Giorno della Memoria" o del "Giorno del Ricordo": non sono solo un atto dovuto ma un modo di riconnetterci alle generazioni precedenti e di fare un'indagine sulla verità.
Se qualcosa dobbiamo imparare, è accostarci alla storia con equità, pronti a fare un bilancio onesto di torto e ragione, da qualunque parte siano stati. Solo così Mneme e Dike, Memoria e Giustizia, saranno riconciliate e riportate al centro delle nostre vite.



Rossana Levati



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