Una epidemia dalle conseguenze non solo sul nostro presente, ma come è evidente anche sul lungo termine, sulla organizzazione di tutti gli aspetti della nostra vita nei prossimi mesi: produzione economica, conseguenze lavorative per milioni di persone (c’è già chi calcola, solo negli Stati Uniti, livelli di disoccupazione superiori per il momento a quelli della crisi del 1929), nuovi scenari della leadership globale, in cui le grandi potenze quali Russia, Cina e Stati Uniti si giocano credibilità e capacità di ripresa, politiche di sicurezza, distanziamento sociale, cura delle persone e anche sistema dell’istruzione ne usciranno profondamente mutati per diversi mesi.
Mentre in questi giorni è facile leggere proiezioni su scenari più o meno ottimisti o pessimisti, vorrei provare a condividere con i lettori del blog alcune delle letture che ho svolto e trovato più interessanti, rimandando chi volesse approfondire alla lettura dell'intero articolo raggiungibile dal link riportato.
Intanto, dal punto di vista scientifico, si moltiplicano gli articoli che evidenziano come negli ultimi trent’anni siano stati sempre più numerosi i casi di spillover, cioè del “salto di specie” di nuove malattie trasmesse dagli animali agli uomini, conseguenza di uno sfruttamento eccessivo dell’ambiente, della distruzione di habitat naturali e di una promiscuità forzata, negli allevamenti intensivi, di uomini e specie animali.
In questo ambito mi sembra importante sottolineare l’intervista al patologo Guido Silvestri, che mette in rilievo come, nonostante l’impressione di tutti sia al momento quella di trovarsi di fronte ad un virus letale e per ora imbattibile con gli strumenti che la scienza ha a disposizione, ribadisce come si tratti di un virus che non avrà alcuna possibilità di sconfiggere l’indagine scientifica in corso, in quanto non si tratta di per se’ di un virus invincibile e capace di “nascondersi”, come è accaduto per l’ Hiv, all’interno della nostro corpo con una lunga fase latente, anzi si tratta di un virus piuttosto debole e non particolarmente astuto nelle sue strategie di sopravvivenza:
Da un punto di vista economico, le conseguenze della lotta dei vari leader mondiali contro le conseguenze dell’epidemia sulle economie nazionali e i rischi connessi alle promesse di sostegno economico ai propri paesi, sono analizzate nel saggio dello studioso di geopolitica Manlio Graziano, che si può leggere a questo link:
Numerosi studiosi sottolineano che le conseguenze inaspettate dell’epidemia, con le ricadute sul sistema globale di fiducia nei confronti delle élite scientifiche e politiche al governo, sono tali che ne uscirà probabilmente un mondo diverso.
I rischi maggiori sono stati illustrati dal noto filosofo Yuval Harari, che ha evidenziato come sia in gioco anche la sopravvivenza delle democrazie occidentali, per il momento troppo deboli e disunite nel dare risposta pronta all’emergenza e nell’operare in modo collaborativo; il problema della disunione, della mancanza di cooperazione internazionale, della mancanza di una leadership mondiale affidabile e al tempo stesso le nuove frontiere della sorveglianza della popolazione, messe in atto con l’aiuto delle più moderne tecnologie da Cina, Corea e Israele, e anche il rischio di una accelerazione dei regimi totalitari, come sta accadendo con la concessione di pieni poteri ai leader di Ungheria e Slovenia, le nuove forme di controllo “sottopelle” legate all’analisi dei personali dispositivi elettronici e alla tracciabilità dei dati quotidianamente inseriti dagli utenti, sono alcune delle numerose prospettive analizzate in questa intervista:
Se questi sono i rischi evidenziati, è difficile dire quale mondo ne uscirà: molti studiosi insistono sulla necessità di un mondo profondamente diverso, che ripari le profonde diseguaglianze sulle quali il mondo attuale è stato organizzato.
Lo storico americano Frank Snowden, dell’Università di Yale, ribadisce che l’epidemia è la conseguenza di un mondo globalizzato che è cresciuto sul mito di uno sviluppo economico infinito e di una drammatica guerra all’ambiente: questo sistema dovrà essere profondamente ripensato, se vogliamo sopravvivere
https://ilmanifesto.it/lepidemiologo-snowden-la-pandemia-specchio-di-una-globalizzazione-letale-serve-lassistenza-sanitaria-universale/
E’ vero, tutti ci auguriamo un rapido “ritorno alla normalità”. Ma c’è una normalità a cui ritornare, o era essa stessa il problema? Questa è la tesi di Angel Luis Lara, sceneggiatore e studioso di cinema spagnolo, che potremmo riassumere nel suo motto: “Il problema non è solo il capitalismo in se’, ma il capitalismo in me”; egli infatti evidenzia che le epidemie sono sono solo la manifestazione esteriore, di superficie, di problemi profondi già in corso: gli scarsi investimenti sulla tutela della salute pubblica nel sistema sanitario mondiale, conseguenza del neoliberismo imperante nell’economia. “Non c’è normalità alla quale ritornare quando quello che abbiamo reso normale ieri ci ha condotto a quel che oggi abbiamo”
Per me comunque uno degli articoli più luminosi, in questi giorni a volte bui, dove accade che anche la riflessione o la speranza stenti a decollare, è stato un articolo di Alessandro Baricco, che ha evidenziato che questo sia oggi il “tempo dell’audacia”. Tra le poche certezze che abbiamo, in questo crinale storico così delicato in cui ci troviamo, c’è quella che dovremo ritrovare un nuovo umanesimo, “che diventerà la nostra prassi quotidiana e l’unica vera ricchezza: non sarà una disciplina di studi, sarà uno spazio del fare che non ci lasceremo mai rubare.”
Sì, perché dobbiamo ricordarci che “Noi siamo vivi per realizzare delle idee. La nostra agenda dovrebbe essere dettata dalla voglia, non dalla paura. Dai desideri, dalle visioni, non dagli incubi.”
E dicendo questo, ci esorta a non permettere che le nostre vite siano dominate dalle paure, sia da quelle precedenti, alimentate ad arte dalla propaganda politica, sia da quella in corso. Anche egli si augura che sia questa l’occasione per costruire una società più giusta:
“Se c’è un momento in cui sarà possibile redistribuire la ricchezza e riportare le diseguaglianze sociali a un livello sopportabile e degno, quel momento sta arrivando”. E la prossima battaglia, quella decisiva che ci aspetta, sarà quella per difendere, finalmente e una volta per tutte con forza, il pianeta Terra dalle troppo lunghe devastazioni.