sabato 24 ottobre 2020

LE FRONTIERE DELL'UMANITA': RIFLESSIONI IN TEMPO DI PANDEMIA

Ecco le riflessioni di Lorenza Gerbo, Classe VA, sollecitate dagli episodi di cronaca degli ultimi mesi e dalle recenti notizie sulle scelte etiche in Svizzera nella cura dei malati di Covid, collegate a una profonda riflessione sugli autori e le problematiche affrontate nell'ambito della letteratura italiana in questa prima fase dell'anno scolastico

COVID-19: UN DEJA VU DEL DARWINISMO 

42,2 milioni sono gli uomini che hanno contratto il covid-19 nel mondo, 1,14 milioni di persone sono morte. I numeri continuano a salire vertiginosamente: solo in Italia il 23 ottobre sono stati registrati 19.143 nuovi contagi e 91 morti.

Nell'arco di pochi mesi la nostra quotidianità è stata completamente stravolta da questo minuscolo virus che è in grado di sconvolgere e distruggere milioni di vite. È un virus crudele che non guarda in faccia alle vittime, bambini, giovani e anziani, proprio come la potente Natura, descritta da Leopardi nel "Dialogo della Natura e di un Islandese" (Operette Morali, XII), che spiega al viaggiatore la propria noncuranza nei suoi confronti: essa è completamente indifferente alle sorti dell’uomo, lo osserva senza far nulla per migliorarne le condizioni di vita perché pensa che le persone siano una piccola parte di un immenso meccanismo e che quindi siano, come tutti gli altri esseri viventi, destinati a nascere e morire, impotenti di fronte a sé stessa, infinitamente più grande e potente. A distanza di secoli, ci ritroviamo a vivere la stessa condizione dell’Islandese poiché tutti ci stiamo rendendo conto di quanto siamo inermi di fronte a questo minuscolo, ma potentissimo virus.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay 

Un barlume di speranza, però, ci viene dato dai dottori che ogni giorno cercano di fare il possibile per sconfiggere il coronavirus, salvando le vite di chi purtroppo si ritrova a dover lottare contro questo mostro. In questi giorni in cui tutte le certezze vacillano, non siamo nemmeno più certi di poter avere l’appoggio dei medici: la Svizzera, infatti, ha dichiarato che verranno negate le cure in terapia intensiva alle persone affette da covid-19 con più di 85 anni di età e a coloro che superano i 75 e aventi altre patologie. I medici, in Svizzera, dovranno scegliere chi salvare e chi, con alte probabilità, vista l’anziana età, condannare a morte.

A questo punto mi sorgono spontaneamente delle domande: la vita di un uomo giovane ha più valore di quella di un anziano? L'uomo cos’è? Una risorsa o un essere umano? Credo che la Svizzera veda gli uomini come pure risorse e che per questo motivo di fronte a un giovane e un anziano scelga di salvare il primo perché quest’ultimo è più utile allo stato. 

Ora mi chiedo, siamo tanto distanti dal darwinismo sociale del XIX secolo? No, anzi, ci siamo completamente dentro perché stiamo decidendo chi ha diritto di vivere e chi no. Il pensiero del naturalista Darwin, secondo cui sopravvive la specie più forte e la più debole soggiace, nel ‘900 ha dato vita al darwinismo sociale che ha portato a credere che gli uomini di colore, gli ebrei, gli omosessuali e tante altre persone fossero inferiori e che, quindi, dovessero soccombere. Oggi, se pensiamo ai campi di concentramento, alle persecuzioni razziali e omofobe rabbrividiamo, ma ci rendiamo conto che decidendo chi curare e chi no stiamo cadendo nelle stesse atrocità del passato? Non esistono “razze” migliori esattamente come non vi sono persone più degne di vivere di altre. 

Che n’è stato dei principi della rivoluzione francese: liberté, egalité, fraternité? Dopo anni di lotta per l’uguaglianza ci ritroviamo a decidere chi assistere e chi no, creando una netta disuguaglianza sociale.

Di fronte a tanto cinismo e indifferenza, realizzo che le parole di Rosso Malpelo che credevo tanto distanti da me, invece sono più vicine di quanto pensassi. Malpelo, nella novella Rosso Malpelo, di Verga, dice: “l’asino va picchiato, perché non può picchiar lui; e s’ei potesse picchiare, ci pesterebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne a morsi”. Con questa frase Malpelo, sostenendo che il più forte non sbaglia a picchiare il più debole, sta cercando di dire le stesse cose di Darwin. La lotta per la vita c’è a tutti i livelli perché tutti continuamente cercano di imporsi. Noi, scegliendo chi curare stiamo mettendo da parte i “più deboli”, ma è giusto?

Voglio appellarmi alle vostre coscienze. Pensate che tra le persone a cui potrebbe essere negata una cura potrebbe esserci un vostro parente o amico o una qualsiasi persona che semplicemente non è più una “risorsa utile”. Abbiamo lottato tanto per essere giudicati sulla base del nostro valore come individui e ora permettiamo di essere visti come semplici macchine? 

Non pensiamo egoisticamente, ragioniamo con la coscienza per evitare di far vivere a persone innocenti le stesse atrocità subite nel passato da persone che, come tutti noi, volevano solo vivere. Concludo con la frase diventata lo slogan della lotta contro il razzismo nel 2020, ma che ha validità universale: all lives matter (“tutte le vite contano”).

Lorenza Gerbo, classe V A

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